La storia dei Piercy

    
All'inizio del ventesimo secolo, probabilmente in occasione di un viaggio per visitare i possedimenti paterni di Chia, il paesaggio ancora vergine di Porto Pino, colpì profondamente l'animo dell'inglese Menj Engerton Piercy, figlio di Benjamin. Acquistò da Donna Giovanna Asquer nel 1902, la peschiera, gli stagni e gran parte delle terre dell'attuale centro.  

Menj era sicuramente molto colto e abituato ad una vita diversa da quella della  gente di Sant'Anna.Tra le tante cose che si narrano di Lui molte sono vere e altre assunsero caratteri leggendari. Si narra che sorvolasse Porto Pino a bordo del suo dirigibile e che fosse un infallibile cacciatore, non doveva essere difficile considerata l'epoca e l'attrezzatura all'avanguardia. Dispensava spesso carità e attenzione per i più poveri, chi ha lavorato a servizio da Lui ha sempre confermato queste doti umane eccellenti.

Era inoltre, un abile imprenditore che aveva capito le potenzialità di Porto Pino, aveva molte idea per l'agricoltura e la pesca, costruì la strada che collega il paese col mare, nota come "su stradoni de s'Ingresu", oggi  via Piercy.

Villa Piercy, oggi Villa Corridori, ricalca lo stesso stile delle ville costruite dal Padre e dal fratello Herbert a Badd'e Salighes (Bolotana) e Padru Mannu (Macomer).

 

 

Sposato alla nobildonna romana Diana Theòdoli, molto appassionata di cavalli, non ebbe figli. Si racconta che una volta mentre era in dolce attesa, non riuscì a rinunciare ad una galoppata verso Portopineddu, che purtroppo le provocò un aborto spontaneo

La sua casa era spesso frequentata dalla nipote Vera, figlia di Herber, fratello di Menj. Miss Vera, come veniva chiamata dagli zii, è stata la causa di un aneddoto curioso. Una domestica che prestava servizio presso i Piercy si innamorò di questo nome e quando nacque la figlia decise di darle lo stesso nome, ma non sapendo che Miss, in inglese, significa signorina, la chiamò Misvera.

Menj morì in un incidente aereo nei pressi di Olbia intorno al 1929-30, durante il rientro in Sardegna. Non riuscì pertanto a vedere alcuni suoi progetti realizzati. La sua proprietà venne acquistata dalla Savia, una società milanese, il 28 aprile 1931, che portò a termine alcune sue idee.  

La società Savia si occupò della bonifica di tutta la zona, specialmente degli stagni, furono realizzate delle coltivazioni sperimentali in terreni resi irrigui dalla stessa. I ruderi delle case coloniche facenti parte dell'azienda agricola sono ancora visibili. Costruì, inoltre, i vari canali di adduzione d'acqua di mare allo stagno e la peschiera venne ampliata. L’attuale ristorante “La Peschiera” era l’alloggio dei dipendenti dalla Società.

La Savia finì di operare nel 1956, a seguito dell'esproprio degli stagni da parte del Monopolio di Stato, da quel momento gli stagni finirono di essere utilizzati esclusivamente per l'allevamento ittico, ma furono e sono tuttora utilizzati principalmente come vasche di prima evaporazione per le saline di Sant'Antioco.